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El Papa Expropiador. Diocesi di Roma, Suore di Pienza, Beni Urbi et Orbi...Un Commento.

feb 27, 2023

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, un amico fedele del nostro blog, P.L.T. ha postato ieri sera questo commento, e mi sembra opportuno offrirlo all'attenzione anche di quanti abitualmente non seguono lo sviluppo delle discussioni nei commenti. Buona lettura e diffusione.

 

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Grandissimo Mons. Viganò. Chiarimento illuminante, circa la fame di soldi e di potere che c’è in Vaticano, e, a cascata, nei suoi lacché.
Però il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi: meno male che arriva qualche servo fedele, come Viganò, a svelare gli altarini.

Un’osservazione circa la importante questione neocatecumenale, ben descritta dal padre Ariel Levi Di Gualdo, qui:
https://isoladipatmos.com/il-romano-pontefice-e-contro-la-chiesa-e-i-suoi-santi-predecessori-che-secondo-il-mantra-dei-neocatecumenali-ci-hanno-approvati-ci-hanno-approvati/

e qui:
https://isoladipatmos.com/novita-la-setta-neocatecumenale-leresia-si-fece-kiko-e-venne-ad-abitare-in-mezzo-a-noi/

e qui:
https://isoladipatmos.com/i-neocatecumenali-alla-conquista-dellasia-grazie-al-braccio-armato-dei-loro-utili-idioti-hanno-vinto-la-battaglia-rimane-pero-un-quesito-i-ragionevoli-dubbi-circa-la-validita-delle-sacre-ord/

e vi metto pure, sul tema, il link a questo testo Integrale del Padre Zoffoli, citato anche dal padre Ariel: http://www.internetica.it/neocatecumenali/Zoffoli_Eresie-del-cnc.pdf

E’ chiaro che in Vaticano, a sessant’anni dalla nascita del Cammino Neocatecumenale, sono ancora troppo impegnati nelle questioni immobiliari e finanziarie, e quindi non hanno tempo per far chiarezza “urbi et orbi”, sulla vicenda. Il Creatore gli chiederà conto anche di questo, nel Giorno del Giudizio.

Attendo adesso con molto interesse la seconda puntata dell’intervento di Mons. Viganò su “Il Diritto Nativo”, circa il quale ho commentato così sulla facebook della Nuova Bussola Quotidiana, ieri, qui
https://www.facebook.com/lanuovabq/posts/pfbid0Ho9oZaQp2UpeHumftkrfL3oCxmzq3Jpr2BXyR8qQnAsg9Keq6LaYw8zAkyqfNLNvl

“In duemila anni di storia, mi pare la prima volta che nella Chiesa cattolica si prende un provvedimento del genere. Questo si configura nei termini di un esproprio di stampo comunista-proletario, come giustamente dice il titolo di questo articolo.D’acchito, appare un provvedimento illegale, circa il quale urge un approfondimento giuridico sul diritto canonico. Ma anche, se gli Enti non hanno più la certezza della disponibilità del loro patrimonio, che può essere avocato dal Vaticano presso di sé in qualunque momento, come par di capire, allora chi, negli Enti, si prenderà la responsabilità di fare investimenti? “il meccanismo di razionalizzazione delle finanze fortemente voluto dal cardinale George Pell” pare riferirsi a materia del tutto diversa, poiché lì si trattava del patrimonio proprio della Santa Sede, mentre ne “Il diritto nativo”, si usa l’espressione:
“Tutti i beni, mobili e immobili, ivi incluse le disponibilità liquide e i titoli, che siano stati o che saranno acquisiti, in qualunque maniera, dalle Istituzioni Curiali e dagli Enti Collegati alla Santa Sede, sono beni pubblici ecclesiastici e come tali di proprietà, nella titolarità o altro diritto reale, della Santa Sede nel suo complesso e appartenenti quindi, indipendentemente dal potere civile, al suo patrimonio unitario, non frazionabile e sovrano”
dove per “Enti Collegati alla Santa Sede” paiono intendersi tutti gli Enti ecclesiastici, in tutto il mondo, e quindi i loro patrimoni, che al momento non sono nella disponibilità della Santa Sede.
Il Vaticano si riserva l’autorità, e non dirò il diritto, di avocare a sé i patrimoni, immobiliari e mobiliari, ma lascia agli Enti gli oneri delle gestioni, e quindi delle manutenzioni. Questo evoca ciò che, in certi casi, fece lo Stato italiano dal tempo dell’Unità in poi, e appare l’esatto contrario del principio di sussidiarietà. E se non vado errato, pare anche seguire la parte di At 4, 34-35, dove la consegna dei beni agli apostoli non funzionò, vedi qui:

https://www.studibiblici.it/testi/gerusalemmeantiochia.pdf

“…Mentre ad Antiòchia i discepoli vengono riconosciuti come Cristiani, si viene a sapere chesarebbe “scoppiata una grave carestia su tutta la terra, ciò che di fatto avvenne sotto l’impero di
Claudio” (At 11,27-28)[23]. La reazione dei cristiani antiocheni all’annuncio della carestia, che
avrebbe colpito anche loro (“su tutta la terra”), è esemplare. Anziché pensare a se stessi si
preoccupano subito di soccorrere i fratelli “abitanti nella Giudea” (At 11,29). Gli antiocheni, che
hanno accolto la buona notizia, credono nelle parole di Gesù[24] e hanno completa fiducia nel
Padre che conosce ciò di cui la comunità ha bisogno (Lc 12,30-31).
Mentre a Gerusalemme i credenti non possiedono nulla, tutto è in comune, e si trovano
nell’indigenza, ad Antiochia il modello di comunità è differente. Qui i credenti possiedono e
decidono, in piena libertà, di donare l’aiuto ai fratelli Giudei: “I discepoli si accordarono, ciascuno
secondo quello che possedeva, di mandare un soccorso ai fratelli abitanti in Giudea” (At 11,29).
Dalla necessità di soccorrere la comunità giudeo-credente di Gerusalemme, dove la colletta
verrà inviata (At 21,17), si vede che la tanto esaltata comunione dei beni non ha dato alcun risultato
positivo. Questa comunità, che si vantava che nessuno dei componenti “ tra loro era bisognoso”
(At 4, 34), in realtà ha avuto bisogno di “una colletta a favore dei poveri che sono nella comunità di
Gerusalemme” (Rm 15,26).
Criticando con tanta severità la comunità di Gerusalemme, centrata nella comunione dei
beni attraverso la capitalizzazione comunitaria degli stessi, l’evangelista pone in evidenza quale è
l’atteggiamento conforme al messaggio di Gesù: la comunicazione libera e responsabile dei propri
beni, senza necessità di amministratori o di controlli interni o di imposizioni (tasse e decime), senza
preoccuparsi delle proprie necessità ma di quelle degli altri.
La dipendenza economica mantiene le persone in uno stato infantile, la responsabile
gestione dei propri beni è segno di maturità e dell’età adulta. Mentre la persona infantile è centrata
sui propri bisogni, la caratteristica della persona adulta e matura è di occuparsi degli altri.
Laddove c’è libertà c’è lo Spirito (2 Cor 3,17) che spinge gli uomini a liberarsi dall’egoismo
e dal pensare alle proprie necessità per aprirsi ai bisogni e alle necessità degli altri, in sintonia con la
generosità della creazione.
I fedeli di Gerusalemme e quelli di Antiochia credono nello stesso Signore, ma sono riconosciuti
come cristiani solo quelli di Antiochia, gli unici che, anziché pensare a se stessi, si preoccupano per
gli altri”.
In conclusione, pare esservi molta fame di soldi, in Vaticano, il che non promette niente di buono. In duemila anni di storia della Chiesa, l’autonomia degli Enti nella gestione dei loro beni ha portato la prosperità e la ricchezza che tutti conosciamo, e non pare che la suddetta autonomia, esercitata generalmente in retta intenzione, abbia generalmente dato luogo ad abusi. La questione è che gli amministratori erano credenti, e lavoravano per il Regno di Dio, non per loro stessi. Anzi, gli abusi su quei patrimoni sono stati classicamente attuati dai poteri temporali laicisti che volevano impadronirsene, fin dal tempo della Rivoluzione protestante in poi. Mentre ora pare prospettarsi la “sovietizzazione” della Chiesa cattolica, addirittura ad opera del suo vertice. Comunque, la questione non finisce qui. Vediamo se qualcuno eccepisce qualcosa, anche se ormai, con l’aria che tira, questo non è scontato. Una cosa è certa: con questi sistemi, di soldi al Vaticano ne arriveranno sempre meno. A partire da quelli del sottoscritto, che da un pezzo ha cessato di inviare il suo contributo”.


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