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Mastro Titta a Vincenzo Fedele: Bergoglio ci è, non ci fa....

feb 23, 2023

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, Mastro Titta offre alla vostra attenzione queste riflessioni sul dialogo a distanza con un altro amico del sito, Vincenzo Fedele. Buona lettura e diffusione

 

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Mastro Titta a Vincenzo Fedele: Bergoglio ci è, non ci fa


Concordo con gran parte delle riflessioni di Vincenzo Fedele, e lo ringrazio per l’attenzione che ha dedicato al mio articolo. Nonostante “ciò che ci unisce sia più di ciò che ci divide” (horresco referens) vorrei esaminare ciò su cui dissento.

Fedele è una persona di spessore, e come tutte le persone di spessore cade facilmente nell’errore di attribuire la stessa qualità ai propri avversari. Un apprendista cioccolataio come me, invece, riconosce immediatamente e senza incertezze il Maître Chocolatier.

I piromani siciliani cospargono di benzina gatti e maiali, gli danno fuoco e li lasciano fuggire terrorizzati nel bosco, dove prima di crollare le povere bestie appiccano l’incendio. Bergoglio è il gatto in fiamme lanciato nella Casa del Signore.

Ex post qualcuno, come Fedele e non pochi altri, nello zigzagare della bestia crede di vedere un “disegno”, un progetto, un insieme di azioni coordinate orientate ad uno scopo. Nel caso, l’instaurazione di una chiesa apostata, eretica, blasfema.

Una mente ben formata, come una coscienza solida, rifiuta il caos e il non-sense. Se Fedele avesse ragione riguardo l’intenzionalità di mutamento radicale di Santa Madre Chiesa, uscirne sarebbe doloroso, laborioso, lungo ma tutto sommato semplice: ad un progetto demolitorio, possiamo opporne uno costruttivo (come Fedele suggerisce, peraltro).

Occorre intenderci bene su un punto: la volontà di stravolgere, abbattere e mistificare tutto esiste eccome, ma è quella del piromane, non del gatto. Ma tanto il piromane quanto chi osserva gli effetti del gatto non tengono conto, temo, del fatto che il gatto è mosso da una volontà entropica e nessuna intelligenza: in fiamme, fugge da sé stesso. Distrugge e muore per assenza di pensiero, per inerzia, non per un progetto.

Eccoci al dunque. Se avessi ragione io, le cose sarebbero più complicate. Un progetto ordinato da una mente raffinata può essere scoperto, confutato e combattuto. I mediocri invece scatenano il marasma in cui l’ordine si manifesta come una morgana: si vede, ma non c’è. Il mediocre, nelle conclusioni che tira, distrugge le premesse del discorso. È antiretorico in modo sleale.

Bergoglio mi pare appartenga alla truppa dei semi-colti pseudo-intelligenti. Non ritengo la cultura né men che meno l’intelligenza garanzie di alcunché né dei meriti personali (io ad esempio ho letto libri di qualità perché mi sono stati proposti: se mi avessero proposto l’Orario del Treno, testo sacro in “Noi” di Zamjatin, probabilmente avrei letto quello), tuttavia esiste un nucleo di persone che soffre molto per la mancanza del riconoscimento sociale di “persona intelligente e colta”.

Costoro orecchiano in giro “cose” dette da “intellettuali riconosciuti”, e le conservano nel gozzo come i pellicani. Bergoglio, un Argonauta della disciplina, è arrivato a citare Fabio Fazio, il quale è stato ad un passo dall’arresto cardiaco per il sollucchero. Rielaborano queste “cose”, quasi sempre “note a tutti”, in costrutti secondo loro “nuovi” ed “originali”. La volontà di “stupire” prevale su tutto: il papa che medita Fazziofabbio, un piccolo passo per un papa, un grande balzo per la Chiesa.

Questo perché, impermeabili al sapore del bello, del vero, del giusto e del buono, provano una noia invincibile davanti a qualsiasi cosa non sia farina del loro sacco.

Come disprezzano i discorsi altrui, che trovano antichi e polverosi ma soprattutto “altrui”, nei confronti dei propri sono ossessivamente ridondanti: repertano formule raffazzonate che trovano geniali e sempre fresche, e le ripetono come giaculatorie finché morte non li separi dalle proprie fisse.

Sono persone “semplici”, “umili”, “sorridenti”, che vogliono “farsi capire da tutti”. Amano “sorprendere” l’uditorio con slogan che non significano una ceppa ma vellicano l’ego papposo del pubblico, il quale li ripaga gratificandoli di ciò che loro interessa: essere riconosciuti come “grandi”, uomini eccezionali.

Imitano l’intelligenza e la cultura a suon di frasi monche, criptiche – avrà voluto dire formaggio oppure pedaggio? – allusive, spesso scopiazzando e distorcendo concetti ben definiti e chiari – lo dice San Tommaso! Lo ha scritto San Paolo!

Frullano cose vere con cose discutibili, e cose discutibili con palesi menzogne. Fanno sfoggio di essere profondi conoscitori di altre “culture”, cose “lontane”, sono uomini “di mondo”. Sono individui che incarnano l’unica forma di intelligenza artificiale realmente esistente: l’intelligenza simulata.

Per finire, le loro banalità sono assiduamente scambiate per acume spirituale. Questo è forse l’aspetto più pericoloso perché la maggioranza dei credenti, già di per sé in bilico fra il credere (molto, specie nella Scienza e nell’Umanità) e il (poco) sapere, facilmente scambia la povertà di spirito con uno spirito povero.

La Chiesa Cattolica è da tempo una specie di ritrovo di alcolisti anonimi in cui l’homo catholicus erutta i propri malesseri psicofisici sugli altri e “fa progressi” prima di ricadere nel vizio. Ci voleva il “papa come uno di noi” per mostrarci come siamo fatti senza infingimenti.

Se questo identikit ha fondamento, conviene domandarsi se concetti come “eresia”, “blasfemia” o “dubbio” (dubbio è il monogramma della formula “vi abbiamo raccontato 2000 anni di balle, Gesù è ognuno di voi, andate a divertirvi”) abbiano ancora senso.

Perché un’affermazione sia eretica, bisogna che sia inserita in una cosmogonia giustificata, costellata di enunciati netti – si pensi ad Ario, allo stesso Lutero, a Nestorio, a Marcione. Qualcosa di simile vale per il dubbio, e anche la blasfemia richiede in fondo una forma di sordo riconoscimento del valore di ciò che si bestemmia.

Ma Bergoglio non è Lutero, non ha tempo da perdere nel formulare decine di tesi. Non è Capaneo e nemmeno Cacasenno. Il rigore, come sanno bene i farisei che lo criticano, lo irrita in tutte le sue forme.

Si porta la Pachamama sull’altare maggiore di San Pietro perché per lui un vaso, una statua lignea di donna o una croce sono artigianato.

Bergoglio è una sorta di Esopo del politicamente corretto. Racconta favole edificanti popolate di archetipi: c’è il “rigido”, il “fariseo”, il “povero”, il “migrante”. La Madonna è “una donna normale”, Dio è “misericordioso”, gli uomini sono “fratelli tutti” che vivono nella “casa comune”.

Non voglio annoiare oltre. Fedele converrà che di fronte ad uno scenario e attori di questo tipo, vale a dire individui che ignorano cosa sia una dottrina e cosa un’eresia, ogni confutazione è impossibile. Ha ragione sul fatto di ignorarli e levar loro la cittadinanza nel discorso. Sul fatto che sia un piano ben congegnato, bisogna solo augurarsi che abbia ragione lui e torto io, perché non si fa a pugni con la nebbia.

 

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