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Meloni, la Mafia di San Gallo. Sembra (si Legge come) un Giallo, ma è Tutto Vero.

dic 06, 2022

Si legge come un giallo, e uno di quelli avvincenti, in cui l’autore, memore della lezione di quella incomparabile maestra che fu Agatha Christie Mallowan, offre, prima di giungere allo scioglimento finale del mistero, un’analisi accurata di tutti i personaggi.

Si legge come un giallo, e uno di quelli avvincenti, in cui l’autore, memore della lezione di quella incomparabile maestra che fu Agatha Christie Mallowan, offre, prima di giungere allo scioglimento finale del mistero, un’analisi accurata di tutti i personaggi.

Stiamo parlando, cari amici e nemici di Stilum Curiae, di “La Mafia di san Gallo. Un gruppo riformista segreto all’interno della Chiesa”, di Julia Meloni, pubblicato in Italia da Fede e Cultura. https://www.ibs.it/mafia-di-san-gallo-libro-julia-meloni/e/9791254780220

Il termine di “mafia” per quel gruppo di vescovi e cardinali che si riuniva nell’autunno del pontificato di san Giovanni Paolo II nella cittadina di San Gallo, in Svizzera, non è stato inventato da un nemico; è la definizione che uno dei suoi principali esponenti, il molto discusso – per questioni di copertura di pedofilia, registrate da una vittima – cardinale Danneels ne ha dato in un’intervista televisiva, con molta serietà.

Julia Meloni con un apparato di note impressionante, che da solo testimonia della profondità e dell’acribia con cui ha compiuto il suo lavoro descrive in un percorso parallelo i temi fondamentali che la mafia riteneva importanti, e la vita e lo sviluppo dei suoi personaggi. In particolare del cardinale Martini, che in un certo senso è stato l’ideologo del gruppo, e poi tutti gli altri: il card. Kasper, il card. Silvestrini, il card. Murphy O’Connor, e via complottando.

Il tema centrale, la tesi dell’opera sono chiare sin dall’inizio: dimostrare come quel gruppo, ostile a Giovanni Paolo II prima, e a Benedetto XVI poi, abbia sostenuto in maniera aperta nel conclave del 2005, e con maggiore efficacia, ma per vie coperte, dal momento che ufficialmente il gruppo avrebbe smesso di operare (o almeno così ha voluto far credere) intorno al 2006, la candidatura al soglio pontificio dell’arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio. Riuscendo infine a farlo eleggere al soglio di Pietro nel 2013, e ottenendo così che il pontefice portasse avanti la strategia di “rinnovamento” (o, secondo alcuni, di autodistruzione) della Chiesa cattolica. Julia Meloni individua con estrema precisione la genesi, ideologica e/o teologica di gran parte delle mosse compiute da Francesco, accreditandole ora all’uno ora all’altro dei suoi co-ispiratori, e cospiratori. In particolare, come abbiamo accennato, Martini e Kasper.

Il libro non è lungo, 172 pagine di testo; ma offre un affresco drammatico e inquietante del periodo che va dalla morte di san Giovanni Paolo II alle dimissioni di Benedetto XVI. Che restano, ancora un volta, un grande punto interrogativo. Per tutti, e in maniera molto personale, per chi scrive. In questo senso il libro della Meloni offre qualche spunto – il ruolo del card. Martini, il misterioso per certi versi rapporto che lo legava a Ratzinger, un accenno alle difficoltà forse più psicologiche che fisiche di Ratzinger/Benedetto, quando si è accorto che non governava più la Chiesa. E sotto questo aspetto avremmo voluto – ma forse potrebbe essere il tema di un’altra opera? – che l’autrice puntasse il riflettore su alcuni dei personaggi più vicini a Benedetto: in particolare il suo segretario particolare, mons. Gaenswein, e soprattutto il suo segretario di Stato il card. Tarcisio Bertone, che Benedetto si è sbracciato – ahimè – a difendere in più di un’occasione, anche quando persone che gli volevano bene lo consigliavano, a ragione, di sbarazzarsene, e che l’ha ripagato in conclave facendo fare propaganda per Bergoglio ai suoi uomini. Già perché dal libro si intuisce che Benedetto sperava che al suo posto fosse eletto il card. Scola, per portare avanti un lavoro di riforma della Curia e della Chiesa. Se questo fosse vero, sarebbe un segno di grande ingenuità, e di scarso intuito da parte del papa emerito; Scola era apprezzato, ma soprattutto temuto dai confratelli.

Ma il grande enigma di dimissioni date a causa della stanchezza e dell’età da un uomo che – grazie a Dio – nove anni più tardi è ancora fra di noi, e con una testa dalla lucidità invidiabile, resta irrisolto. Ciò detto, non possiamo che consigliare la lettura di un libro che certamente resterà come un punto di riferimento a quanti vorranno studiare in futuro la storia di questi anni tormentati.

 

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