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Paul Kramer. Perché la Rinuncia di Benedetto XVI Era Difettosa.

gen 10, 2023

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, un fedele lettore del nostro sito ci ha inviato alcune riflessioni di p. Paul Kramer sulla situazione – e le discussioni – legate alla vicenda dei due papi, e alla scomparsa di Benedetto. l’amico che ce le ha inviate, collegate all’articolo di Robert Siscoe, chiarisce che “Queste sono sue considerazioni, immediate ed “al volo”, che gli ho io stesso sollecitato. Non sono pertanto, è bene chiarirlo, una confutazione teologicasistematica ed accademica. Tenga inoltre presente che p. Kramer in questi momenti ha problemi di salute fisica”. Buona lettura, e diffusione.


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“Se un Papa si dimette dal ministero, il munus stesso diventa vacante”.

Non sequitur. Il munus e il ministerium sono sì inseparabili, ma non sono la stessa cosa. Il munus è l’ufficio. Il ministerium consiste nelle funzioni ufficiali connesse al munus. L’ho spiegato in modo esauriente ne Il caso contro Bergoglio. La rinuncia al munus rende vacante l’ufficio, come stabilito dal diritto canonico. La rinuncia al ministerio non ha alcun effetto giuridico, perché rinuncia a qualcosa di diverso dal munus. Chi rinuncia al munus rinuncia all’ufficio. Sciopera, in realtà, chi rinuncia al ministerium: Si rifiuta semplicemente di fare il suo lavoro”.


“Si noti che l’intenzione dichiarata da Benedetto XVI è quella di rinunciare al ministero “in modo che” la sede di Pietro si renda vacante (e non “impedita”!). In altre parole, l’intenzione dichiarata è quella di rinunciare al ministero e all’ufficio”.

L’intenzione dichiarata è solo quella di rinunciare al ministero, che non libera l’ufficio, anche se questo era l’effetto voluto. L’oggetto dell’atto di rinuncia è il ministerium e non il munus. Solo rinunciando al munus si libera l’ufficio. Rinunciando al ministerium si rinuncia solo alle attività dell’ufficio, ma non all’ufficio stesso. Non esiste una rinuncia implicita. Anche se avesse inteso che l’atto di rinuncia al ministerio avrebbe avuto come effetto la vacanza dell’ufficio, l’atto sarebbe stato nullo, perché l’atto è difettoso, e un atto difettoso che rinuncia a qualcosa di diverso dall’ufficio del papato stesso non può avere come effetto la vacanza dell’ufficio papale. Siscoe confonde l’intenzione formale dell’atto, che è l’OGGETTO dell’atto, cioè ciò che l’atto fa, con l’EFFETTO che si intende produrre con l’atto. Un atto che rinuncia solo all’esercizio dei doveri d’ufficio, ma non all’ufficio stesso, non può avere l’effetto di liberare l’ufficio, anche se questo era l’effetto che il papa pensava di produrre. Se voleva liberare l’ufficio, doveva rinunciare ad esso, e non alle attività dell’ufficio. Ha rinunciato alla cosa sbagliata che non può avere l’effetto di liberare l’ufficio, anche se questo era ciò che intendeva soggettivamente. Per essere un atto valido, l’intenzione dell’atto deve essere chiaramente espressa come oggetto dell’atto, e non solo implicita ma non dichiarata; e l’atto non può limitarsi a dichiarare l’effetto che intende ottenere, senza specificare l’oggetto formale stesso che solo può produrre quell’effetto.

Il resto dell’articolo afferma una serie di non sequitur, come: “Il fatto che Benedetto abbia intenzionalmente rinunciato alla sua giurisdizione è confermato dal titolo che ha scelto: “Papa emerito””.
Falso. Una rinuncia implicita non può avere alcun effetto giuridico. L’oggetto dell’atto deve essere dichiarato, altrimenti è nullo. Ho citato i canoni nel mio libro.

“Benedetto XVI si è spogliato di tutte le potestà di governo e di comando inerenti il suo ufficio [cioè della giurisdizione], …”.

Falso. Egli rinunciò formalmente all’esercizio dei doveri della carica, pensando erroneamente che tale atto difettoso avrebbe comportato la perdita della giurisdizione. Solo la rinuncia all’ufficio stesso può avere questo effetto.


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