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Sogno proibito, sposarsi fra preti...ma chissà...Mastro Titta.

lug 07, 2023

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il nostro Mastro Titta offre alla vostra attenzione queste caustiche, profetiche, irriverenti e molto realistiche riflessioni sull'alato livello di diversità - chiamiamola così - presente nelle nomine di papa Bergoglio. Buona lettura e diffusione.

 

MASTRO TITTA: SOVVERTIRE LA DOTTRINA CATTOLICA? NO: SPOSARSI COL FIDANZATO

 

Ha presente il lettore il gioco della tre campanelle? Quello con il banco che nasconde una piccola pallina sotto le campanelle e le fa girare velocemente. In genere, due compari fanno finta di puntare soldi e vincerli contro il banco. Il pollo si avvicina, resta affascinato dalla facilità della vincita (gli fanno vedere bene il percorso della campanella vincente), punta e naturalmente perde.

La mossa Fernandez è l’extrema ratio di Bergoglio, lo stesso espediente dei truffatori delle campanelle. In calce ai sinodi, usciranno Esortazioni Apostoliche o Encicliche che legittimeranno il matrimonio gay in qualche forma spuria: la benedizione va bene, ha già fatto sapere Fernandez, purché non crei problemi a qualcuno.

Se per disgrazia li crea, bisogna che se li gratti da solo in un luogo appartato: qui la gente viene licenziata o arrestata se solo si azzarda a dire che i bambini nascono da un uomo e una donna, e che uomini e donne esistono per natura. Voglio vedere chi oserà eccepire contro una “benedizione”. Chi è il bacchettone immorale che ancora si scandalizza di fronte all’amore?

Vedete bene che non si scappa. Non solo nozze gay, ma anche nozze tra preti. Sull’argomento abolizione del celibato del clero vige una strana amnesia: si dimentica, o meglio si rimuove, di precisare che si tratterebbe di preti sposati con donne. Qualcuno ha letto del contributo delle numerose associazioni di ex-preti sposati al cammino sinodale? Qualche giornale ha dedicato qualche onorevole articolo a questa “minoranza dimenticata”? Non mi risulta, ma magari sbaglio io.

Posso pensare che non ne parlino perché intendono sdoganare non solo e non tanto il matrimonio omosessuale, ma il matrimonio omosessuale nel clero. È un pensiero meschino, ma che ci posso fare.

La questione risale all’inizio del pontificato di Bergoglio. Qualcuno ricorda il rapporto dei cardinali Herranz, Tomko e De Giorgi voluto da Benedetto XVI e consegnato a papa Francesco nel 2013? Il papa disse: “La lobby gay in Vaticano esiste, è là”. E quindi, Santità? E quindi niente. La lobby gay esiste come la mentuccia nei prati e l’acqua bagnata. Il problema è casomai la lobby, non l’omosessualità. Metti un papa molto sensibile alle istanze omosessuali, e di colpo la lobby non serve più.

Infatti com’è come non è, sono fioccate nomine e apprezzamenti per prelati clamorosamente omosessuali, o in forte odore di omosessualità. Ma si trattava di nomine per così dire amministrative. Gente che in virtù dei suoi vizietti era ricattabile, si è detto e scritto. Può darsi, ma può anche darsi che sentano il prurito feroce di rivelarsi, assolversi, l’irrefrenabile pulsione ad abbracciarsi da soli, come disse il conte Gentiloni Silverj all’elezione di Biden.

Con Tucho, assistiamo al sorpasso a destra. Non solo è chiacchierato come omosessuale effemminato, ma è anche accusato di aver coperto abusi commessi da un prete poi morto suicida il giorno della condanna, ignorando apertamente le ragioni delle vittime. Vero, non vero? Chi può dirlo. Di fatto, una figura pulita sotto questo profilo si fatica a trovarla.

Di qui una conclusione abbastanza ovvia. Questi ministri del culto – parola di cinque lettere, potevano essere quattro – in realtà non hanno come mira la rovina della dottrina cattolica e la fine della Chiesa. Hanno più prosaicamente necessità di legittimare moralmente se stessi.

Perché altrimenti scrivere a Fernandez che i suoi predecessori hanno svolto il loro compito con prassi e modalità “immorali”? Bergoglio poteva scrivere con “rigidità”, “mancanza di carità” o di “accoglienza”. Parole che forse teme di dimenticare, vista la frequenza con cui le pronuncia. No: “immorale”. Una parola antica, ferrosa, che infatti Bergoglio pronuncia quasi mai.

Qui Bergoglio a mio avviso scivola sul punto, vale a dire tradisce la sua concezione dell’istituzione ecclesiale come una sovrastruttura morale. Il tema è che la Chiesa non è morale o immorale, ma veritativa. Da cui certamente discende una morale, ma come cascame. Come frutto, non come radice.

Accusando i predecessori di Fernandez di immoralità, Bergoglio occupa uno spazio – forse si è reso conto di non avere più molto tempo per iniziare processi di cui verosimilmente non vedrà la fine – ovvero punta dritto alla definizione non tanto di una nuova morale generica, quanto di comportamenti specifici. Che solo quelli cari a lui e ai suoi sodali.

Ma per far questo, sa perfettamente che non basta l’autorità del papa. Serve una legittimazione, il conforto di un ruolo ‘tecnico’. Non lo dice lui, ma lo dice il custode della Fede e della dottrina. Per duemila anni la Chiesa non ha capito nulla del Vangelo? Pazienza, siamo sempre in tempo a correggere, calare nella situazione, nel vissuto. Sia mai che i fedeli vadano a sbattere contro qualche precetto, contro quale divieto o indicazione contraria. È il mito del buon selvaggio fatto dottrina: accompagnare, assistere, discernere, approvare la qualunque come sorpresa dello spirito.

Concludo. Sbaglia chi vede in questa mossa una volontà di sovvertimento radicale della dottrina cattolica di sempre. A questi rivoluzionari della domenica non interessa scardinare qualcosa che non conoscono, non capiscono, e di cui forse nemmeno sospettano l’esistenza. Tutto ciò presupporrebbe un pensiero alto, evoluto. Avversario, ma elevato.

Credo l’obiettivo sia molto più terragnolo: all’alba degli ottant’anni, o perfino in vista dei novanta, sposarsi coi propri amanti segreti alla luce del sole, e passeggiare mano nella mano sul viale del tramonto incontro al sole morente, come in certe soap opera sudamericane. La materia di cui sono fatti i sogni. Come dice il papa ai giovani: non lasciate che vi rubino i sogni (come hanno fatto con noi, avrebbe voluto forse aggiungere).

Scritto come quasi sempre nella viva speranza di sbagliarmi.

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