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L'Ombra dei Catari. Aurelio Porfiri

ott 27, 2022

Carissimi StilumCuriali, il maestro Aurelio Porfiri, a seguito del dibattito che si è svolto su Stilum Curiae in tema di tradizione, vi offre queste ulteriori riflessioni. Buona lettura.

L’ombra dei catari


Mi sono svegliato questa mattina con un lieve malessere. Pensavo fosse il catarro, invece era il cataro. Che cosa voglio dire? In questi giorni per mia colpa si è svolto un’interessante dibattito sulle “colonne” di Stilum Curiae, un dibattito in cui io facevo presente che il mondo tradizionalista cattolico di certo non è il paradiso terrestre, somiglia di più a un purgatorio dove le persone attendono la visione beatifica (di un cambiamento nella Chiesa) che temo però, almeno nel tempo della loro vita mortale, non vedranno. E precisavo che, pur essendoci bravissime persone in questo mondo, peccatori come me, il primo dei peccatori, ci sono pure quelli in malafede, quelli che usano la patina di tradizionalista per perseguire propri scopi personali. Ho ben distinto fra questi e i peccatori in buona fede, le persone che, malgrado le proprie debolezze personali, cercano Dio nello splendore della tradizione. Eppure alcuni si sono risentiti, per il fatto che avessi evocato nel mondo tradizionalista l’ombra mefitica del peccato. A me era sembrato che sia me stesso che le persone che incontro nel mondo tradizionalista non siano immacolatamente concepiti, essendo stata riservata questa grazia alla Beata Vergine Maria e non a caso.

Purtroppo questo atteggiamento di “cittadella dei puri accerchiata” che pure deriva da ragioni comprensibili (l’ho sottolineato per evitare che qualcuno mi rinfacci la mia incomprensione sulla reazione all’evidente persecuzione) è il peccato originale di certo tradizionalismo cattolico, che però lo fa sembrare più cataro che cattolico, quei catari che nel dodicesimo secolo si chiamavano uomini buoni e donne buone. Eppure il nostro Salvatore ci ha detto: “Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti” (Mt 17, 19). Eppure alcuni “tradizionalisti” ci dicono che almeno nel loro gruppo non si fanno certi peccati come “quelli del Novus Ordo”. Davvero? Invece purtroppo i peccati si fanno anche tra coloro che si richiamano al tradizionalismo, non si commettono solo atti puri, pure gli altri.

Qual è la differenza? La differenza è che il sincero amante della tradizione chiama queste cose peccati, gli altri le chiamano “fragilità” che vanno in qualche modo condonate. Questa è una differenza fondamentale ed è qui che vedo una contrapposizione fra chi segue la tradizione e chi no. Voglio proporvi una citazione del cronista Guglielmo di Puylarens: “Arnaldo Oth nega che la Chiesa romana sia la Santa Chiesa e la Sposa di Cristo; è piuttosto la chiesa del diavolo e la dottrina dei demoni, poiché è la Babilonia che, nell’Apocalisse, Giovanni accusa di essere la madre delle fornicazioni e degli abomini, ebbra di sangue dei santi e dei martiri di Gesù. La sua ordinazione non è né santa né buona, e nemmeno voluta da Cristo, perché mai e poi mai Cristo o gli apostoli avrebbero ordinato o detto la messa come ora” (in Pilar Jiménez Sanchéz, storicang.it). L’avete già sentito? Eppure queste sono le parole attribuite al Vescovo Oth, un cataro, che dibatteva con cattolici tra cui san Domenico di Guzman, che quanto ad ortodossia immagino possa insegnarci a tutti qualcosa e senza il quale san Tommaso d’Aquino chissà dove sarebbe finito.

Ricordiamo che i catari chiamavano alcuni i “perfetti”, disprezzavano la carne, il sesso e la proprietà privata. Ma non abbiamo come cattolici gli istituti di perfezione? Certo, ma sono gli istituti dove si tende alla perfezione, dove ci si perfeziona, non dove si pensa di essere perfetti. Nel Vangelo di Matteo (5, 43-48) si dice: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste»“. Siate perfetti, tendete alla perfezione di Dio.

Ma chi si sente come Dio? Volevo dire anche qualcosa sul riferimento alla Messa fatto nella citazione del cronista medievale. Credo che nessuno possa negare che se c’è uno che sistematicamente critica gli abusi nel nuovo rito, quello sono io. E se c’è qualcuno che sempre esalta la bellezza della Messa preconciliare sono sempre io. Ed è chiaro che, da quello che dice il cronista medievale, la critica non è al rito ma al modo in cui veniva celebrato. Quello che mi preme dire è che io non ho problemi con chi difende la Messa preconciliare (tutt’altro! Mi ci metto pure io) ma con quelli che usano la stessa Messa come vanga per scavare il fossato del ghetto che divide i “puri” dagli “impuri”.

Una cosa interessante sulla purezza la diceva Gustave Thibon, non di certo un progressista: “Niente ha più bisogno di purificazione di ciò che noi chiamiamo purezza”. Trovo questa una frase stupenda. E un altro “non di certo progressista” come Gilbert Keith Chesterton diceva: “Vi è qualcosa di depravato in ogni uomo che non abbia voglia di violare i dieci comandamenti”. E io penso che la stessa depravazione esiste negli uomini e donne che, con la pretesa di cercare Dio, cercano solo sé stessi. 



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