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Padre Cavalcoli, Schillebeeckx e le sfide dell’ordine domenicano.

mar 29, 2023

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, Americo Mascarucci offre alla vostra attenzione queste riflessioni su alcune recenti affermazioni di padre Cavalcoli, relative all'ordine Domenicano. Buona lettura e diffusione.

 

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Padre Cavalcoli, Schillebeeckx e le sfide dell’ordine domenicano

 

Spero mi perdonerà il teologo domenicano padre Giovanni Cavalcoli se torno a scrivere di lui e delle sue interessanti e profonde riflessioni sul futuro della Chiesa.

L’ultimo intervento pubblicato sulla sua pagina Facebook ha a che fare con il ruolo dell’ordine domenicano nella Chiesa e il rapporto con la Compagnia di Gesù. Nel suo lungo e articolato intervento, padre Cavalcoli delinea confini ben precisi fra le rispettive competenze dei due ordini, stabilendo che tocca ai domenicani, in quanto figli di San Tommaso e depositari del suo insegnamento elaborare la teologia, che poi i gesuiti nella fedeltà alla missione loro affidata da Sant’Ignazio di Loyola, dovranno tradurre in pastorale, ma restando assolutamente fedeli all’originalità e all’autenticità del messaggio teologico. Ruoli che all’indomani del Concilio Vaticano II sono saltati, con i gesuiti che hanno cercato sempre di più di sostituire i domenicani nello studio e nell’evoluzione della teologia, contaminandola di modernismo e di fatto trasferendo poi sul piano della pastorale una teologia completamente snaturata e slegata dalla tradizione e dall’originalità della fede.

Padre Cavalcoli è convinto che a voler ripristinare i rispettivi ambiti di intervento sia lo stesso papa Francesco, che nel recente convegno tomistico all’Angelicum di Roma, parlando della figura di San Tommaso è sembrato richiamare i domenicani a ritrovare l’originale carisma e a recuperare il loro ruolo guida, sempre esercitato nella storia della Chiesa, nel campo del progresso teologico.

E naturalmente affinché domenicani e gesuiti tornino a collaborare fraternamente e lealmente per il bene della Chiesa e per la difesa e propagazione della sana dottrina, è necessario che entrambi gli ordini si liberino delle rispettive contaminazioni moderniste.

E padre Cavalcoli guarda soprattutto in casa propria, nel glorioso ordine dei frati predicatori fondato da San Domenico, dove la sfida principale è liberarsi definitivamente dell’eredità negativa del teologo belga Edward Schillebeeckx, padre del ben noto catechismo olandese.

Se infatti nel campo gesuita il tedesco Karl Rahner è stato il principale responsabile di quella svolta antropologica in teologia che ha portato sostanzialmente a sconvolgere la teologia scolastica, stabilendo che la rivelazione non si trasmette più da Dio all’uomo ma è l’uomo a ricercarla in alleanza con la ragione attraverso l’esperienza umana, Schillebeeckx ha una responsabilità ancora maggiore: perché fu proprio lui a rendere più accessibile la teologia di Rahner che ai più rischiava di apparire incomprensibile.

Secondo il vescovo di Novara e teologo monsignor Anton Giulio Brambilla, “L'inizio dell'insegnamento allo Studio teologico domenicano a Lovanio (1946-1956) è solo un momento di apprendistato di una prospettiva teologica che farà di Schillebeeckx un teologo molto ascoltato e ancor più letto, per la sua maggiore accessibilità rispetto alla tormentata lingua di Rahner. Inoltre, il docente domenicano poteva vantare un'approfondita conoscenza della scolastica, in particolare di san Tommaso, non solo per tradizione, ma per la lettura geniale che aveva coltivato durante il suo dottorato di ricerca presso lo studio teologico di Le Saulchoir, nella scia di Chenu. Una lettura che cercava intensamente di coniugare senso storico e intento teorico o, come si diceva allora, teologia positiva e teologia speculativa. La rivisitazione della tradizione si presentava non solo provocata, come nei francesi, da un ricupero delle fonti con il programma di ressourcement, ma motivata da un tratto speculativo più forte, radicato nella fenomenologia ontologica del maestro Dominicus Maria de Petter. Egli cercherà di accreditarlo come l'omologo di Joseph Maréchal, a sua volta ispiratore della "svolta antropologica" di Karl Rahner”.

Partendo da una visione critica delle istanze moderniste, con l’obiettivo originario di armonizzare tradizione e rinnovamento e, come amava dire lui, per superare il divario esistente fra la Chiesa e il mondo, Schillebeeckx ha finito con il demolire la teologia di San Tommaso dall’interno, approfittando della profonda conoscenza che aveva di lui. Un’operazione ancora più distruttiva di quella di Rahner, che ha finito con il superare l’Aquinate in favore della svolta antropologica del teologo gesuita. Il catechismo olandese è soltanto uno dei tanti esempi degli errori che Schillebeeckx ha diffuso con i suoi insegnamenti e che hanno poi contribuito ad avvalorare l’idea di un cristianesimo militante, una vera e propria “teologia della prassi” con una rilettura in chiave marxista della figura stessa di Cristo, esaltata nella sua dimensione umana e sminuita nella natura divina.

Ma Schillebeeckx è stato sotto certi aspetti un vero e proprio eretico, quasi simile al suo confratello Giordano Bruno, desideroso di riscrivere la teologia dalle fondamenta e arrivando a mettere in discussione i dogmi stessi della Chiesa, iniziando dalla Resurrezione di Cristo per poi contestare il ministero ordinato. I suoi scritti sono stati processati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, ma mai nessun provvedimento è stato adottato nei suoi confronti: perché abilmente il teologo belga, poi trasferitosi in Olanda per portare avanti le istanze moderniste dell’episcopato olandese e dare luogo al ‘68 della Chiesa con la promulgazione del Nuovo Catechismo olandese, ha sempre aggiustato il tiro salvandosi in calcio d’angolo e quindi sfuggendo alle accuse di eresia. Ma i suoi errori hanno continuato a diffondersi e in parte hanno contaminato anche i domenicani, come padre Cavalcoli sembra confermare chiedendo al suo Ordine di fare finalmente i conti con l’opera di Schillebeeckx, prendendone definitivamente le distanze; allo stesso modo di come i gesuiti devono regolare i conti con Rahner.

Questo, secondo padre Cavalcoli, sarebbe anche il desiderio di papa Francesco, anche se molti sono i dubbi in tal senso. Molto dipenderà da come il pontefice regnante vorrà concludere il suo pontificato che, comunque la si pensi, sta volgendo al termine. Accetterà Bergoglio, ora che Benedetto XVI non c’è più, di trovare un sano compromesso fra conservatori e progressisti isolando le tendenze rahneriane? Oppure come le sue ultime mosse lascerebbero temere potrebbe essere tentato dall’abbraccio con i modernisti ispiratori del Sinodo tedesco, per isolare gli avversari conservatori rimasti orfani di Ratzinger e decisi a dare battaglia in vista dell’ultimo scorcio di pontificato e di un possibile ravvicinato conclave? Su questo si giocherà il futuro della Chiesa, e Francesco nel bene o nel male sarà l’ago della bilancia. L’auspicio è che abbia ragione padre Cavalcoli nell’affermare che certi atteggiamenti simil rahneriani del pontefice manifestati unicamente sul piano teorico, siano soltanto un modo per illudere i modernisti, senza poi concedere loro nulla di concreto. Presto o tardi lo capiremo.


Americo Mascarucci


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