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Preti Sposati, l'Ossessione del Sinodo Tedesco. Mascarucci.

mar 17, 2023

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Americo Mascarucci, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione queste riflessioni su una delle istanze avanzate con fervore dal Cammino Sinodale tedesco, quella relativa al celibato dei preti. Buona lettura e diffusione.

 

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Preti sposati, cosa c’è dietro l’ossessiva richiesta del Sinodo tedesco

 

E’ sorprendente e fa riflettere l’insistenza con cui il Sinodo tedesco sta chiedendo la revisione del celibato sacerdotale. Il documento con cui è stato chiesto al papa di rivedere le relative norme consentendo altresì ai preti già ordinati che vogliono sposarsi di farlo senza dover rinunciare all’esercizio del ministero, è stato approvato con una maggioranza schiacciante, sfiorando il 95% dei voti a favore.

A questo punto c’è da chiedersi per quale motivo, da parte del clero tedesco, ci sia tutto questo desiderio di prendere moglie. Dipende soltanto dalle contaminazioni ormai sempre più evidenti con il luteranesimo? O forse c’è qualcosa di molto più profondo che dimostra chiaramente l’assenza di una reale e autentica vocazione?

Mi spiego meglio: un prete, nel momento in cui sceglie il sacerdozio, dovrebbe agire per vocazione, sapendo che non andrà a svolgere un lavoro come un altro: il celibato, come ha sempre sostenuto Benedetto XVI, non deve essere inteso come una rinuncia, bensì un dono, ovvero quello di servire unicamente al Signore e il gregge che gli viene affidato. Il sacerdote ha già una famiglia ed è la comunità dei fedeli che appunto è chiamato a servire nel nome del Signore.

Vero è che tanti sacerdoti negli anni si sono poi persi per strada, cedendo ai richiami della carne e alla debolezza umana, finendo per rinunciare al sacerdozio, chiedendo e ottenendo la dispensa dal celibato: ma quanto era davvero autentica la loro vocazione? Se il celibato, come sempre Ratzinger ci ha insegnato, non è da intendere come assenza di qualcosa, ma piuttosto la ricerca di un’assoluta pienezza di vita riempita dall’amore esclusivo per il Signore, non c’è dunque il legittimo sospetto che chi ha deciso di sposarsi non abbia compreso fino in fondo la grandezza di una scelta offerta a Dio? Come spiega il teologo dogmatico padre Giacobbe Elia “il celibato è possibile perché Cristo dona la grazia di viverlo. Il sacrificio è lo strumento per poter corrispondere a questa grazia”.

Eppure dai tempi del Concilio Vaticano II i modernisti stanno chiedendo a gran voce la revisione del celibato sacerdotale, rendendolo facoltativo e consentendo ai preti che lo desiderano di potersi sposare. Il caso più eclatante ha riguardato l’ex vescovo africano monsignor Milingo che fu protagonista di un’autentica telenovela, fra fughe d’amore, matrimoni in stile new age, ritorni all’ovile e poi la decisione finale di uscire dalla Chiesa per vivere pienamente la sua vita di coppia. Sul principio si pensò fosse stato vittima di una ipnosi, un lavaggio del cervello ad opera del capo della setta cui apparteneva la consorte (fu soprattutto padre Gabriele Amorth a sostenere questa tesi), ma poi emerse la triste verità: il maligno che lo stesso Milingo aveva scacciato da tanti corpi indemoniati, aveva finito con il conquistare la sua anima, fino a sottometterlo del tutto.

Ma come detto sono anni che nella Chiesa i modernisti fanno dei preti sposati una questione dirimente.

Sconcerta poi ascoltare discorsi del tipo: “Le altre confessioni cristiane accettano i preti sposati, perché la Chiesa cattolica no?”, come se la Chiesa cattolica sia sullo stesso piano di tutte le altre, e non sia invece l’unica e autentica Chiesa di Cristo, fondata sulla missione affidata da Gesù a Pietro e garantita dalla successione apostolica. L’unica Chiesa in cui è assicurata la salvezza divina. Invece di valorizzare la peculiarità di un sacrificio inteso come suprema forma di amore nei confronti del Signore per servirlo in modo assoluto, si vorrebbe snaturare questo valore per essere uguali ai protestanti, agli ortodossi, agli anglicani ecc.

Ma ciò che fa riflettere di più è la motivazione prettamente sessuale che sta a monte della richiesta; perché è evidente che al di là dei tanti discorsi, alla base di tutto ci sta il desiderio di avere una donna nel proprio letto. Del resto cosa fece Lutero quando ruppe definitivamente con la Chiesa? Non si andò a sposare con una suora? C’è chi dice che fu proprio il desiderio di sposarsi a spingere il monaco eretico ad imbastire tutta la rivolta contro Roma, così come fu la motivazione sessuale a spingere Enrico VIII a rompere la comunione con il papa e a fondare la Chiesa d’Inghilterra. Ecco, forse i componenti del Sinodo tedesco sono mossi proprio dalla stessa leva, ovvero dal desiderio di poter godere di un’attività sessuale alla luce del sole, senza il bisogno di nascondersi, con il consenso pieno della Chiesa. Tenendo i piedi in due staffe come si dice in questi casi, ovvero conservando i privilegi del sacerdozio senza rinunciare ai piaceri della carne. Ma è conciliabile la vocazione sacerdotale con il desiderio di sposarsi? Il servizio per il Signore e per la Chiesa che un prete dovrebbe mettere avanti a tutto, come può essere preminente se poi ci si ritrova ad essere mariti e padri?

Spiace che anche Bergoglio, in cerca di appoggi nel fronte progressista e modernista dopo che i conservatori orfani di Benedetto XVI hanno affilato le armi contro di lui, stia offrendo copertura al Sinodo tedesco, dichiarando possibile la revisione del celibato e facendosi portavoce di tesi banali del tipo: “Le prime comunità cristiane avevano i preti sposati, le chiese orientali non hanno il celibato obbligatorio, è una prescrizione, non un dogma, e quindi revisionabile”. Padre Giovanni Cavalcoli, per me un punto di riferimento in campo teologico oltre che una guida preziosa nella stesura del mio ultimo libro, non è d’accordo con me su questo, e in qualche modo mi ha fatto notare che in fondo il papa ha ribadito soltanto ciò che è noto a tutti i teologi, ovvero che il celibato non entra nell’essenza del sacramento dell’ordine ma ha ragioni di sola convenienza, ragioni che possono portare la stessa Chiesa a concedere la dispensa. Ma ciò non vuol dire che papa Francesco abolirà il celibato o che sia d’accordo con le conclusioni del Sinodo. Vedremo.

Ma come detto una peculiarità andrebbe valorizzata, non svilita, dovrebbe essere elevata ad esempio anche per gli altri cristiani. Invece no, si vorrebbero importare nella Chiesa le pratiche sbagliate e mondane delle altre confessioni. E non è neanche vero che consentire ai preti di sposarsi favorirebbe un incremento delle vocazioni, di questo alla fine è convinto lo stesso Francesco. Così come è falso sostenere che, offrendo ai preti la facoltà di sposarsi, si porrebbe un argine anche ai casi di pedofilia: ipotesi questa che non sta in piedi, visto che la stragrande maggioranza dei preti pedofili è risultato avere tendenze omosessuali, quindi difficilmente “curabili” con un matrimonio, a meno che non si voglia riconoscere al prete anche il diritto di sposare un partner dello stesso sesso (ma finora il Sinodo tedesco si è limitato a chiedere la sola benedizione delle unioni gay).

E allora la domanda di fondo non dovrebbe essere se sia o meno giusto mantenere il celibato obbligatorio, ma cosa se ne fa la Chiesa di preti e vescovi che sentono così impellente il bisogno di prendere moglie. Hanno capito realmente il senso della loro vocazione, o forse si sono fatti sacerdoti soltanto perché non avevano di meglio da fare? Ecco, forse è arrivato il momento di prendere atto che di questi preti così sensibili alle sirene della mondanità e del piacere, la Chiesa può benissimo farne a meno. Anche perché, con tutto il rispetto, non sembra proprio che fuori alle chiese vi siano file di giovani pronti ad entrare in seminario e a farsi sacerdoti se il papa spalancherà le porte ai preti sposati.


Americo Mascarucci


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