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Laporta. L’Ucraina, la Proxy-War degli USA, Zelensky. Il 2023 nelle Mani di Dio.

dic 27, 2022

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il generale Piero Laporta offre alla vostra attenzione questa pregevole analisi della situazione internazionale, con focus sulla guerra in Ucraina e il ruolo sempre più evidente degli Stati Uniti nel condurre questo proxy-conflitto. Buona lettura, meditazione e condivisione.



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È arrivato il Santo Natale, incalza il 2023. Gli auguri si incrociano sui cellulari e nel web. Nessuno vuole davvero fare un bilancio, sebbene la situazione lo esiga. Giorgia Meloni s’inquatta in una mimetica, incipriandosi di retorica e inumidendo di lacrime patriottiche i nostri soldati in Iraq. Signor presidente del Consiglio dei ministri, qual è il nostro interesse strategico in Iraq? Finora abbiamo escluso dal mercato ufficiale del greggio i giacimenti di Baghdad, secondi solo a quelli sauditi ma niente affatto sfruttati. Se quel greggio arrivasse sul mercato pagheremmo la benzina come l’acqua di rubinetto. Siamo in Iraq e favoriamo il commercio illegale di quel greggio, portato nei depositi occidentali al prezzo di mercato di quello saudita. La legalità? Un disturbo.


“Siamo in guerra contro la dittatura russa” è il ritornello da un anno a questa parte. Il sorosiano Zelensky arrivò al potere con regolari e libere elezioni? Era il 1990, ventidue anni fa, il Muro caduto da un anno; un ufficiale dell’Esercito italiano apprese da una spia statunitense che s’apprestava a una missione in Ucraina, per “portarvi la democrazia”; la lungimiranza dei sicari.

Era il 2014, otto anni fa; pochi o tantissimi, dipende dalla distanza e dagli interessi che ci separano da Kiev. Stratfor ripubblicò un’analisi sull’Ucraina, risalente al 2008 (l’anno della spallata finanziaria). Erano stralci dal libro di George Friedman “The next 100 years”. Friedman, consigliere del Nobel per la Pace Hussein Barak Obama, sostenne che gli Stati Uniti devono incendiare il mondo, se vogliono contrastare la Cina e arginare il ritorno della Russia sullo scacchiere strategico. È quanto accade in queste ore in Ucraina.

L’Ucraina e l’Europa dell’Est per Friedman sono come il Sud America, un giardinetto domestico degli USA. Lo disse pure quella spia nel 1990. Friedman affermò che l’influenza della Russia sull’Europa orientale è un pericolo. Nel 2014 risultò difficile comprendere come Mosca potesse spadroneggiare, priva del dominio militare posseduto durante la Guerra Fredda, poggiandosi solo alle relazioni economiche e commerciali.

D’altro canto, nessuno poté né può affermare che i tecnocrati della Ue o i banchieri di Manhattan regalino il benessere a quanti abbiano a tiro. Non di meno per Friedman il pericolo per la pace era a Mosca. Fu un parere aggrappato a categorie geopolitiche – come i “confini” e, peggio ancora, gli “stati cuscinetto” – datate e persino grottesche nello sforzo malriuscito di dissimularne la strumentalità.

Le forniture di energia della Russia verso l’Ucraina e verso l’Europa non ebbero la possibilità di destabilizzare, come invece sostenne Friedman, in un mondo che ruota intorno al commercio internazionale. Oggi è ben chiaro che i petrolieri statunitensi – nelle ultime ore impegnati anche contro il fantasma di Enrico Mattei – vogliono impedire il libero commercio, altrimenti sventolato come una bandiera dei dem. Oggi non importiamo energia dalla Russia, pagandola dieci volte tanto ai petrolieri amici di Joe Biden.

Neppure si dovrebbe negare oggi il principio di autodeterminazione, il grimaldello col quale ieri fu scassinata la nazionalità jugoslava e gran parte della periferia sovietica. Mancò poco che fosse utilizzato anche nel Lombardo Veneto e in Sicilia. Il grimaldello autodeterminazione è invece scomparso dalla scena del delitto. La Crimea e la Russia sono trattate da criminali, come neppure accadde ai trafficanti internazionali di droga, armi e prostitute del Kosovo, illustri alleati di Joe Biden. Quando il dittatore Vladimir Putin ha attaccato il dittatore golpista Vlodomir Zelenszy per affermare l’autodeterminazione del Donbass, apriti cielo.

Gli Stati Uniti non invitano Russia, Cina e gli Emergenti a trovare un nuovo equilibrio; no, preferiscono applicare all’Europa la ricetta del Sud America. Yulia Tymoshenko, nessuno la ricorda più, la golpista ucraina che piacque tanto a Georgy Soros; la sua bionda treccia non avrà neppure un musical dedicato, come accadde invece a Evita Peron. La City di Sua maestà ha tirato fuori dal cilindro un Grillo-Zelensky in salsa Babaganoush, cavallo di battaglia sefardita della Taverna del Ghetto di Roma.

Dai ghetti continuano a calunniare Sua Santità Pio XII e giustamente s’infuriano con chi s’azzarda a mettere in ombra l’Olocausto. Applausi invece per quanti sostengono che “Dio è morto” e “Gesù Cristo è un falso storico”. Basta una smentita e la complicità di feisbuc per risistemare le cose? Be’, non è così facile come si vuol far credere. Klaus Schwab piace a Londra ma infastidisce Washington e Berlino. Nello stesso tempo affiora una saldatura anticristiana di comunisti allo sbando, nazisti ed ebrei atei: è l’antichiesa dalla quale vorrebbe sbocciare l’anticristo. Gli Stati Uniti dei dem e dei petrolieri hanno necessità di incendiare il mondo, incessantemente, altrimenti essi affondano. L’anticristo potrebbe giovare loro. Il mondo si lascerà tuttavia incendiare da costoro? dalla loro confusione mentale prima che morale?

Non credo appropriato valutare una guerra in corso senza accedere ai documenti dell’intelligence strategica. Un fatto è però certo: se gli USA avessero le forze per attaccare la Russia, come nel 1998 fecero con la Serbia, avrebbero attaccato molti mesi fa. Si aggiunga un altro dettaglio: Vladimir Putin, il dittatore russo, proprio per preservare il suo potere, questa guerra non la può perdere. Più si avvicina alla soglia del 30 per cento delle forze terrestri impiegate più si approssima la tempesta nucleare. è una questione tecnica che risparmio al lettore. Il fatto essenziale è: andiamo verso la catastrofe nucleare per aiutare il dittatore sorosiano, Vlodomir Zelensky. Siamo certi che l’interesse nazionale italiano, signor presidente del Consiglio dei ministri, sia in questa direzione? Non Praevalebunt, con l’ausilio di Nostro Signore; Cristo Vince, speriamo al più presto.

Buon Santo Natale e mettiamo il 2023 nelle mani di Dio.


Gen. D.g.(ris.) Piero Laporta

www.pierolaporta.it

 

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