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Ratzingerleaks? No, ma Cionci ha aperto una strada. Un Commento.

gen 12, 2023

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, come contributo alla discussione sulla singolare vicenda dei due papi coabitanti offriamo alla vostra attenzione questo commento di un lettore fedele del nostro sito, che preferisce mantenere l’anonimato. Buona lettura e riflessione.


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Ratzingerleaks? No, ma Cionci ha aperto una strada

Adesso che Joseph Ratzinger è tornato alla Casa del Padre, possiamo parlare delle tesi di Andrea Cionci contenute nel libro “Codice Ratzinger” e in centinaia di articoli.


In breve, Cionci ricostruisce un raffinatissimo linguaggio, che lui chiama “codice”, attraverso il quale Benedetto XVI avrebbe comunicato al mondo di non essersi mai dimesso, ma di trovarsi in “sede impedita”. Ne discende che papa Francesco sia un antipapa.

Cionci si è detto certo dell’esistenza di un documento, il testamento di Joseph Ratzinger, in cui il papa emerito spiega come sono andate le cose apertis verbis, confermando la propria detronizzazione ad opera di terzi, e il fatto che Bergoglio sia un antipapa.

Gli avversari e i detrattori di Cionci che lo hanno ignorato ed irriso lo aspettano al varco pronti a seppellire le sue teorie sotto i fatti, o meglio la loro assenza: se il famoso testamento non saltasse fuori, o non contenesse ciò che Cionci dice, egli passerebbe alla storia come il peggior peracottaro complottista di sempre.

Ho due obblighi di onestà verso i lettori. Il primo è che conosco e stimo Andrea Cionci. Il secondo è che lui sa cosa penso – ne abbiamo parlato un certo numero di volte – ma questo pezzo non è stato in alcun modo concordato con lui.

Penso due cose in apparente contraddizione fra loro. Nell’ordine: non esistono Ratzingerleaks del papa emerito, e nonostante questo Cionci ha ragione su molte cose, se non tutte. Abbiamo cioè una verità che non può essere provata in un tempo in cui una mole gigantesca di falsità si pretende lo siano. Già questo dovrebbe mettere sul chi vive.

Al sodo. Non esiste e non sarà mai pubblicato alcuno scritto a firma di Joseph Ratzinger che confermi le tesi di Cionci perché il papa tedesco, per temperamento e cultura personali, non avrebbe mai turbato o dato scandalo alla Chiesa, e soprattutto non si sarebbe mai sottratto ad un confronto vivo su punti così sensibili abusando, per così dire, della propria morte.

Facciamo l’ipotesi che invece Ratzinger abbia lasciato una sorta di memoriale in cui fa rivelazioni dirompenti. Piuttosto che permettertene la pubblicazione, i clerici migrantes che abitano il Vaticano partirebbero con torce e taniche di benzina per appiccare il fuoco a tutta Roma, al Lazio e forse oltre, rievocando fasti neroniani.

Poniamo anche, per assurdo, che i Ratzingerleaks esistano e i clerici migrantes ne tollerino la pubblicazione senza batter ciglio. I media all’unisono e di conseguenza il popolino, illuminati dallo spirito del tempo, si convincerebbero all’istante che si tratta di una fake-news.

Da ultimo, è contro intuitivo che Ratzinger stesso, il Prefetto contemplativo della Casa Pontificia e altre persone a loro vicine abbiano negato, neghino e sempre negheranno con vigore, che Benedetto XVI abbia subito pressioni, minacce fisiche o che sia stato in qualche modo forzato all’abdicazione.

Né diranno mai che papa Francesco non sia il papa, nonostante ci siano indizi a carico dell’ipotesi di reato grossi come montagne e numerosi come una mandria di gnu.

Non lo faranno mai perché questo significherebbe la fine ingloriosa dei dogmi e credenze legati alla figura del pontefice – il papa vicario di Nostro Signore, l’infallibilità del pontefice, l’intervento e l’assistenza dello Spirito Santo e via enumerando.

Al netto della papolatria che ha ormai inebriato la maggior parte dei cattolici, è un dato di fatto che degli ultimi tre pontefici prima di Bergoglio, il primo sia morto di malore improvviso dopo 33 giorni di pontificato (nessuna correlazione antelitteram), il secondo abbia subito un attentato al quale è scampato per miracolo, e il terzo si sia dimesso.

Invece di preoccuparmi di difendere papa Francesco azzannando alla gola tutti i suoi critici – cosa che non è stata fatta con Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – mi preoccuperei molto di questo formidabile attacco fisico al papato. Ma questa, si capisce, è la mia opinione.

Beninteso: riguardo età, forze che venivano meno e stanchezza Ratzinger non ha affatto mentito. Ma come egli stesso ha insegnato tutta la vita la verità è ciò che si può dire, o detta altrimenti ciò che è necessario dire in vista del bene e della salvezza delle anime. Non c’è nulla di oscuro, celato o riprovevole in questo: da sempre più si salgono i gradini dell’autorità e del potere, più le cose da dire vanno pesate con cura, specie in questo tempo di comunicazione di massa.

Tornando alle cose. Pare brutto rileggere i paragrafi dal 78 all’83 della Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis, dove è scritto che i cardinali che si riunissero extra sede vacante ed extra conclave per organizzare o influenzare l’elezione di un loro confratello sarebbero scomunicati latae sententiae, vale a dire senza bisogno che chicchessia firmi alcun pezzo di carta per certificare la cosa. Scomunicati seduta stante loro e l’eventuale eletto. Altro che antipapa: si parla di essere sparati fuori dalla comunione ecclesiale de iure atque de facto.

Che il cardinale Godfried Danneels abbia descritto in un suo libro la “mafia di Sangallo” – definizione sua – cui egli stesso apparteneva, e questo manipolo di simpatiche cardinaglie avesse individuato in Bergoglio il candidato ideale, che Danneels lo abbia dichiarato in televisione e ai giornali in patente violazione della Costituzione dovrebbe chiudere la questione: scomunicato lui, i suoi sodali in gran parte defunti, e il vivissimo papa Francesco.

E invece no. Non basta nemmeno notare che la cosca di Sangallo cominci a riunirsi proprio nel 1996 – la Costituzione risale al febbraio di quell’anno, dunque possiamo presumere che le riunioni clandestine siano cominciate dopo la sua promulgazione, come dobbiamo presumere che non sia stato un colpo di calore ad indurre Giovanni Paolo II a disciplinare la materia, ma evidenze molto concrete su circoli di mestatori – o che Bergoglio già nel 2005 abbia conteso allo stesso Ratzinger il Soglio: cavallo perdente non si cambia, o c’è altro?

Non resta allora che affrontare il perché, nonostante sarà facilmente smentito dai fatti, Cionci ha ragione nel merito, e soprattutto ha aperto una “via organica” alla soluzione della crisi del papato.

I suoi detrattori, sia pro che anti-Bergoglio, lo ignorano o lo sbeffeggiano perché se avesse ragione Cionci tutti loro vedrebbero decadere la loro “ragione sociale”: difendere o criticare uno che non è il papa ha ben poco senso. Su un papa cattivo, o almeno incauto, ci si costruiscono castelli di casti pensieri.

L’autore di “Codice Ratzinger” ha due meriti: il primo, ha dato un volto credibile ad un fatto storico oggettivamente oscuro e foriero di confusione, ben al di là delle intenzioni di Benedetto XVI.

Il secondo non è un merito ma un vantaggio competitivo: sarebbe nell’interesse della Chiesa che verrà – non certo di quella attuale – che le cose stiano davvero come Cionci ipotizza, perché questo porrebbe fine in modo credibile, quando fosse impossibile farlo sul piano probatorio, al travaglio che come un fantasma segue la Chiesa dalla morte di Pio XII (Siri fu davvero eletto e costretto a rinunciare in favore di Roncalli?) e trova nell’abdicazione di Benedetto XVI il suo momento più drammatico: la destituzione manu militari del papato (ripeto: effetti avversi alla camomilla, proiettili e rese incondizionate).

I primi cristiani, per sfuggire alle persecuzioni e riconoscersi l’un l’altro, tracciavano il segno del pesce e altri segni simili: codici antichi in tempo di persecuzione, Cionci non ha inventato nulla. La domanda giusta è se oggi la Chiesa sia perseguitata o no, diciamo almeno oltre la soglia fisiologica.

Per quanto impensabile nel cattoborghesismo imperante, l’ipotesi di un papa impedito e costretto ad una clandestinità quasi catacombale anche nel linguaggio non può essere scartata, così non può esserlo quella di una falsa chiesa di cui non poche profezie e apparizioni riconosciute valide dalla Chiesa maiuscola parlano: per il credente, queste cose possono accadere. Il fatto di considerarla ammissibile permetterebbe di riparare alla catastrofe, sul piano giuridico e spirituale.

Mi auguro che il lavoro e il coraggio di Andrea Cionci non vengano sepolti dal ludibrio dei suoi avversari. Anche qualora si fosse sbagliato, si rende l’onore delle armi al nemico valoroso sconfitto sul campo, non da chiacchiere maldicenti.

Egli stesso avrebbe, io credo, smussato certi spigoli se fosse stato trattato con maggior considerazione, rispetto e carità nel merito del suo lavoro, invece che umiliato e giudicato sulla base di sue intenzioni o vantaggi personali che francamente non vedo (piuttosto, vedo una reputazione minata nei secoli a venire, o peggio), mentre quelle dei suoi critici si riducono al tenere in piedi la baracca purchessia.

La qual cosa mi starebbe bene se il crocifisso di San Damiano potesse dire: “Va’ e ripara la mia Chiesa”, cioè se le macerie conservassero l’apparenza di un edificio di culto. Il fatto è che sembrano piuttosto il capanno degli attrezzi del nonno morto.


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